Pinocchio e le sue decisioni finanziarie

Quante volte gli uomini e le donne del nostro tempo si comportano come Pinocchio nelle scelte finanziarie? Nella gestione del denaro un Gatto e una Volpe riescono a far prendere delle decisioni “particolari” a Pinocchio.

Rileggiamo parte della favola: ….

“– Alla fortuna! – ripeté il Gatto. – I tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila. – Duemila! – ripeté il Gatto. – Ma com’è mai possibile che diventino tanti? – domandò Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore. – Te lo spiego subito, – disse la Volpe. – Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno. – Sicché dunque, – disse Pinocchio sempre più sbalordito, – se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei? – È un conto facilissimo, – rispose la Volpe, – un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti. – Oh che bella cosa! – gridò Pinocchio, ballando dall’allegrezza. – Appena che questi zecchini gli avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voi altri due …..”

Leggendo i manuali di economia, si scopre che l’homo ha le facoltà di ragionamento e di scegliere in modo infallibile. Guardando i comportamenti degli stessi, invece, questa capacità intellettiva sembrerebbe non vera.

Il ragionamento è stato definito come «un’attività della mente che sottopone a delle trasformazioni l’informazione data (ovvero un insieme di premesse) così da poter giungere a delle conclusioni». (Gallotti 1989, 333)

Ci chiediamo come definire l’economia, Lionel Robbins definisce l’economia come «la scienza che studia il comportamento umano come una relazione tra fini dati e mezzi scarsi che hanno usi alternativi». In altre parole, asserisce che l’economia è una scienza deduttiva attraverso la quale è possibile dedurre/calcolare il comportamento degli individui, assumendo che se ne conoscano le finalità e i mezzi a disposizione. L’economia non deve preoccuparsi di comprendere dentro di sé elementi di psicologia della scelta, in quanto quest’ultima va identificata come l’esito logico e coerente di un calcolo razionale. In questo contesto si inserisce l’obiezione del celebre economista e psicologo Herbert Simon, secondo cui non si può attribuire agli individui la complessa capacità di calcolo necessaria per ottenere le strategie ottimali previste dalla teoria della decisione razionale.

Simon fu il primo a mettere in discussione il modello di decisore razionale non solo portando alla luce l’estrema complessità del modello stesso, ma soprattutto analizzando empiricamente i processi decisionali nei contesti amministrativo e manageriale.

In tali contesti l’applicazione di modelli di ottimizzazione estremamente sofisticati si rivelava del tutto implausibile a causa delle elevate competenze richieste e soprattutto perché la quantità di calcolo richiesta per la valutazione delle strategie considerate ottimali poteva essere in certi casi insormontabilmente elevata.

Nella visione di Simon, dunque, economia e psicologia si riconciliano pienamente! La comprensione dei processi psicologici legati al problem solving e al ragionamento viene considerato il punto di partenza per una migliore comprensione della razionalità. Nel saggio Essay of Positive Economics (1953), Friedman sostiene che gli individui, pur non avendo il possesso di strumenti formali adeguati al calcolo della strategia ottimale, si comportano come se li possedessero.

A partire dagli anni ’70, man mano che gli studi sperimentali approfondiscono queste caratteristiche con sempre nuovi esperimenti, emergono nuove discrepanze tra i comportamenti effettivi e le predizioni teoriche. Queste discrepanze vanno ben oltre le predizioni della teoria dell’utilità e coinvolgono dibattiti più ampi circa le capacità logiche e di valutazione probabilistica degli eventi da parte degli individui.

Tali discrepanze accendono l’interesse della comunità scientifica sui cosiddetti bias cognitivi. Cosa si intende per bias cognitivi? I bias, o meglio bias cognitivi, sono delle distorsioni che le persone attuano nelle valutazioni di fatti e avvenimenti. Tali distorsioni ci spingono a ricreare una propria visione soggettiva che non corrisponde fedelmente alla realtà

Dopo anni di scetticismo e di controversie e la diffusione di alcuni esperimenti cruciali ormai passati alla storia (come quello del framing effect), l’intera comunità scientifica conviene sulla rilevanza e l’importanza di considerare gli aspetti principali della cognizione umana nel momento in cui vengono effettuate predizioni sul comportamento di scelta degli individui.

Oggi le parti si sono finalmente capovolte: sono i dati sperimentali ad emergere e ad indirizzare la ricerca sulla presa di decisione. Una ricerca che diventa sempre più ricca e che si estende allo studio scientifico di tutte le facoltà intellettuali dell’individuo (percezione, memoria, attenzione, ragionamento, emozioni) in quanto tutte queste facoltà sono implicate nella spiegazione di moltissimi bias cognitivi. Le moderne tecniche di indagine neuroscientifica ci mostrano anche come tutti questi meccanismi sono rappresentati a livello del cervello umano.

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